Allo scoppio della pandemia, la maggior parte dei governi e dei media ha cominciato a fare riferimento alla guerra e ad usare il linguaggio militare.

Si parlava di “guerra da combattere”, di “distruggere il nemico” (il Coronavirus in questione), di “compiere sacrifici” etc.

Addirittura in Lombardia il riferimento delle vittime da Covid 19 è stato quello dei caduti durante i bombardamenti nella Seconda Guerra mondiale.

Invece che alla mobilitazione sui fronti, tipica di ogni guerra, e alle dimostrazioni di piazza, il coro unanime invocava però il “restate a casa”.

Attori e personaggi pubblici, dello sport e dello spettacolo, si sono prestati nel giusto proposito di sensibilizzare la popolazione sulla necessità di rimanere nei propri domicili, sul distanziamento e in alcuni casi anche dell’isolamento, al fine di rallentare ed impedire la trasmissione del virus.

Le misure di lockdown hanno così costretto milioni di individui a casa o in isolamento. Per una minoranza più ricca è stata l’occasione per oziare nelle comodità della vita digitalizzata, tra interminabili serie tv, dirette sui social network e compulsivi acquisti sul web. Per la maggioranza della popolazione una condizione difficilissima, nell’incertezza dell’esistenza e di un reddito, finanche in condizioni di improvvisa povertà.

Immigrati e giovani lavoratori i più colpiti, insieme a larghe fasce di popolazione anziana (molto presente in Italia), si sono trovati o senza reddito o senza alcuna assistenza.

Nella piena consapevolezza e nel rispetto delle norme indicate dal Consiglio superiore di Sanità, i Circoli operai hanno mobilitato i loro volontari in un primo sostegno, un supporto di solidarietà verso chiunque avesse avuto bisogno.

In che modo? Molto semplice. Consegnando a domicilio la spesa, i farmaci e i giornali a chiunque non potesse o avesse timore di uscire , ma anche accompagnando chi non aveva mezzi a fare visite mediche, o pagare una bolletta negli uffici pubblici. Migliaia di anziani, donne con bambini, persone in regime di quarantena, con disabilità, sono potuti rimanere a casa in condizioni di sicurezza, perché hanno incontrato alla porta i volontari dei Circoli operai, che, attraverso un gesto semplice presentavano loro un avviso su cui si dava disponibilità per questo tipo di servizi, un numero di telefono a cui rivolgersi e l’indirizzo della sede di riferimento del proprio quartiere.

Un’azione che ha riscontrato grande successo e che ha contribuito a sostenere le persone più deboli, allontanando il senso di sconforto e di abbandono dovuti al lockdown.

Molti hanno chiamato per chiedere aiuto, ma molti hanno anche chiamato per dare aiuto.

Fondamentale è stato infatti il contributo dei volontari che hanno conosciuto i Circoli operai proprio durante l’emergenza sanitaria, o perché contattati dai circoli stessi tramite il volantinaggio porta a porta, o perché già conoscevano le attività dei circoli. Una dimostrazione ulteriore (se ce n’era ancora bisogno) che il lavoro sistematico di insediamento nei quartieri, oltre che nelle fabbriche e nelle scuole, anche se svolto da una minoranza, decisa e organizzata, può essere una leva per intervenire tra le masse quando queste vengono toccate in profondità da eventi di portata storica, come appunto una pandemia secolare.

In misura assai rilevante, questo lavoro capillare, svolto precedentemente la pandemia, è stato il perno su cui ha ruotato tutta l’attività di volontariato.

In primis grazie alla conoscenza del territorio. Senza di questa non si sarebbe neanche potuto pensare di sostenere chi aveva bisogno. Da sempre le periferie “dimenticate”, dove vivono “invisibili” ed “informali”, sono state per i Circoli operai il centro della propria azione. Secondo, la capacità di rapportarsi ai bisogni della gente in virtù di una conoscenza diretta, che ha permesso negli anni il consolidamento di un legame di fiducia, oltreché di simpatia, tra larghi strati della massa e una minoranza organizzata.

Tutto questo in totale controtendenza con la concezione contemporanea della politica, propria nell’era digitale, dell’esaltazione dei partiti cosiddetti liquidi e dell’intervento politico rappresentato da un “click”.

Alla fine, nella situazione di emergenza, in pochi giorni si è potuto utilizzare un patrimonio collettivo di conoscenze che era stato costruito in anni, da più generazioni di militanti.

Ancora qualche considerazione.

Anziani e giovani immigrati.

In una società invecchiata come quella italiana, la fascia sociale che più ha richiesto assistenza – facile da immaginare – è stata proprio quella degli anziani. In particolare donne, spesso vedove, senza figli, oppure con questi lontano dalla propria città, senza parenti stretti. Proprio loro che erano state illuse dal mito di una fantomatica emancipazione femminile, oggi sono doppiamente ingannate. Abbandonate ieri nel difficile ruolo di lavoratrici madri, dimenticate oggi.

Un fenomeno questo, dell’abbandono degli anziani, che rappresenta solo la più vicina e tangibile conseguenza del fenomeno della denatalità che agisce da più di un cinquantennio.

Una particolarità della società italiana, ma sempre più una regolarità della società della tarda maturità imperialista in tutto il mondo.

Ecco che allora l’azione di solidarietà esercitata dai giovani volontari dei circoli ha riscontrato maggiore efficacia. Inoltre ha aiutato a sgombrare il cervello dalle false ed aberranti paure delle campagne xenofobe quando, in una quota rilevante, questa azione è stata svolta da giovani immigrati. Proprio la componente straniera è oggi una componente fondamentale della società italiana, che o non viene considerata, o viene considerata solo come percentuale di PIL. In questa occasione, è stata una quota percentuale rilevante di solidarietà.

Aquile e passerotti.

Una volta il marxismo è stato paragonato all’aquila. Uccello formidabile e di lunghissime vedute, ma che vola troppo alto per entrare in contatto con i problemi quotidiani di chi abita sulla terra. Meglio allora il passerotto del riformismo, che calato tra i problemi della gente, riesce a risolverli con più efficacia, nonostante voli solo per piccoli tratti e possa occuparsi solo di piccoli problemi.

Diamolo pure per vero (e guai a chi ironizzasse sulle mascherine latenti!), ma siccome non uno dei partiti rappresentati in parlamento si è posto il problema di agire durante la pandemia, ci viene il sospetto che questo coronavirus contagi anche alcune specie di uccelli – come ahimè i dolcissimi passerotti. Pertanto, in assenza altrui, abbiamo dovuto reimpostare l’altimetro e volare a più bassa quota. Così, insieme a qualche sacco della spesa, il giornale leninista.

Nessuna problema, davvero…del resto, la storia del movimento operaio ha già dato prova di questa capacità da parte della nostra classe.

Nel luglio del 1921, infatti, la Terza Internazionale diede vita al Comitato internazionale di soccorso operaio alla Russia sovietica, che poi si formalizzò nel 1923 sotto il nome di “Soccorso Operaio Internazionale” (SOI). Il suo obbiettivo era quello di condurre campagne di aiuto ai lavoratori in lotta, colpiti da crisi e calamità naturali. Fu attivo durante la carestia che colpì le popolazioni del Volga, il terremoto  in Giappone nel 1923, la devastante crisi economica in Sassonia ed in Turingia, ma anche con iniziative politiche di contrasto alla spartizione imperialistica della Cina nel 1925 e quindi in opposizione alle politiche colonialiste dell’epoca. 

In conclusione, nella negatività della situazione pandemica, che ancora oggi miete vittime in tutto il mondo, ci conforta il fatto che all’interno della classe operaia ci siano le forze ed il coraggio per affrontare anche questo tipo di situazioni avverse. La solidarietà e le energie messe in campo, organizzate nel partito-scienza, si possono tradurre in una nuova generazione di volontari comunisti, che affronteranno le complicazioni che la storia presenterà nel segno di una causa di tutta l’umanità, nel segno del comunismo.