La pandemia ha portato alla ribalta quelli che prima erano «invisibili»: lo scrivono i giornali italiani, ma anche il “Financial Times”, “Le Monde” o il “Washington Post”. Ci vuole una bella faccia tosta: invisibili sarebbero stati gli infermieri e gli inservienti che consentono agli ospedali di funzionare, gli operai che mandano avanti le fabbriche, gli addetti alla logistica che movimentano le merci, le cassiere dei supermercati, gli autisti, chi si occupa del gas e dell’elettricità, i braccianti nei campi e nei frutteti, le badanti nelle case a seguire i vecchi.

Ma a chi la vogliono raccontare? Questa è buona parte dei salariati, del proletariato che è la nostra classe, che infatti in maggioranza è sempre stata al lavoro; sono ed erano invisibili solo per chi non vuol vedere, gli occhi foderati dal pregiudizio sociale e dalle fanfaluche sulla scomparsa delle classi. Forse che non si sapeva quanti braccianti sono immigrati senza tutela, alloggiati in ruderi o in baracche indegne, a fare la stagione delle arance e dei pomodori al Sud e della frutta e delle vigne al Nord? O quanti addetti alle pulizie tirano a lucido pavimenti e vetrine scintillanti della moda e dei musei, assunti coi trucchi delle cooperative di comodo e delle finte partite IVA? E gli operai poi, di cui sociologi pensosi avevano proclamato la scomparsa, chi mai doveva esserci dietro ai torni, alle presse e agli altiforni?

Ci facciano il piacere, e ci risparmino la loro ipocrisia. Com’è più evidente in queste settimane della lotta al virus, i vo lontari dei nostri circoli operai battono da decenni palmo a palmo i quartieri delle città, e perciò conoscono gli strati profondi dei salariati in ogni declinazione, dai tecnici e gli impiegati sino alle mansioni più ingrate nell’industria e nei servizi. Non sarà qualche editoriale peloso a farli riconoscere come classe; solo una coscienza comunista può unire davvero le tante sfaccettature della condizione di sfruttati. Quando saranno davvero visibili sarà nella lotta per una società superiore, e tremeranno le fondamenta delle classi dominanti, della loro politica e della loro ipocrisia sociale.