Manifesti di propaganda repubblicana stampati nel periodo dal 1936 al 1939 durante la guerra di Spagna.
ANPI – Collezione Privata

I volontari livornesi: un riepilogo statistico

Quanti erano e dove erano nati

I livornesi che parteciparono alla guerra civile spagnola furono 49:
2 donne e 47 uomini:

23 erano nati a Livorno;
5 a Piombino;
3 a Cecina;
2 a Castagneto Carducci;
2 a Portoferraio;
1 a Capoliveri;
1 a Porto Azzurro (allora Portolongone);
1 a Rosignano Marittimo;
1 a San Vincenzo;
1 a Suvereto;
1 era originario di Borgo San Lorenzo (FI);
1 di Castelfiorentino (FI);
1 di Fiesole (FI);
1 di Montelupo Fiorentino (FI);
1 di Sesto Fiorentino (FI);
1 di Santa Croce sull’Arno (PI);
1 di Siena; 1 di Tunisi;
1 era nata a Apt (Vaucluse) da genitori lucchesi;

Dato che le stime sul totale dei volontari internazionali in Spagna vanno da un massimo di 50mila uomini (secondo Victor Alba) a un minimo di 25mila (André Malraux), si può dire che la percentuale dei volontari livornesi sul totale oscilli fra l’uno e il due per mille.

Quanti anni avevano – I legami familiari

Nell’estate del 1936 – allo scoppio della guerra civile spagnola:

2 volontari avevano meno di 20 anni
12 da 21 a 30
19 dai 31 ai 40
16 più di 40

38 anni separavano il volontario più anziano dai due volontari più giovani.
I militanti maturi, con oltre 30 anni di età ed un significativo impegno politico alle spalle, costituivano il 71,4% del totale.
L’età media dei volontari livornesi in Spagna era di 35,57 anni.
18 volontari erano coniugati. Altri avevano solidi legami affettivi. 1 era padre di quattro figli/e. 2 avevano tre figli/e. 6 ne avevano due. 7 erano padri o madri di un figlio.

Il livello di istruzione – Mestieri e professioni

Le modeste condizioni economiche delle famiglie dei volontari livornesi – tutti di origine proletaria, tranne forse uno – furono la causa determinante della loro precoce (e quasi generale) esclusione dai percorsi scolastici. 46 volontari (93,88%) frequentarono appena le scuole elementari, 2 le superiori e soltanto 1 l’università.
Immessi, dopo l’esclusione dalla scuola, nel mondo del lavoro (che molti già conoscevano per averlo sperimentato fin dall’età di 8 o 9 anni), essi cominciarono a sgobbare dieci o dodici ore al giorno al porto, nelle fabbriche, nei cantieri edili, ecc., dove un certo numero di essi, attraverso apprendistati sfibranti e malpagati, giunsero a padroneggiare una serie di specializzazioni, che, nel difficile esilio, avrebbero assicurato loro (entro certi limiti) la stabilità occupazionale, in genere negata a chi svolgeva attività non qualificate.
3 volontari (6,12%) lavoravano nel settore primario, come agricoltori o braccianti;
39 (79,56%) in quello secondario (industria, edilizia, ecc.) dove troviamo:

5 operai (10,2%)
4 meccanici (8,16%)
3 facchini (6,12%)
3 fornai (6,12%)
3 manovali (6,12%)
3 muratori (6,12%)
3 vetrai (6,12%)
2 falegnami (4,08%)
2 marittimi (4,08%)
1 calzolaio (2,04%)
1 fabbro (2,04%)
1 ferroviere (2,04%)
1 guarda freno (2,04%)
1 imbianchino (2,04%)
1 macellaio (2,04%)
1 lavoratore del marmo (2,04%)
1 operaio addetto ai mattoni refrattari (2,04%)
1 pellettiere (2,04%)
1 pescatore (2,04%)
1 terrazziere (2,04%)

Nel settore terziario prestavano la loro opera due volontari:

1 commerciante di pesce (2,04%)
1 rappresentante di commercio (2,04%)

Appartenenza politica

24 volontari (48,9%) erano anarchici
18 (36,72%) comunisti
4 (8,16%) socialisti
3 (6,12%) antifascisti “indipendenti” o senza partito

Quasi tutti avevano svolto un’intensa attività nel movimento proletario e nelle sue organizzazioni prima e dopo la marcia su Roma. Molti avevano partecipato ai moti del biennio rosso e si erano battuti contro le squadre fasciste. Alcuni erano stati aggrediti dai fascisti (e dalle forze dell’ordine).

Da dove raggiunsero la Spagna

Il 17 Luglio del 1936:

5 volontari livornesi (10,2%) si trovavano già in Spagna. Di questi:
2 vivevano a Barcellona
2 a Madrid
1 a Valencia
31 volontari (63,26%) risiedevano in Francia
3 (6,12%) erano espatriati in Russia
1 (2,04%) in Belgio
1 (2,04%) in Svizzera
35 volontari (71,42%) entrarono in Spagna direttamente dai paesi europei, dove si erano rifugiati o stabiliti
1 volontario (2,04%), invece, lasciò la Russia dopo la sollevazione franchista, fermandosi poi per alcuni mesi in Francia, dove svolse un’intensa attività politica, prima di valicare i Pirenei.

8 volontari (16,32%) emigrarono clandestinamente dall’Italia dopo il 17 luglio 1936.

Il tributo di sangue dei volontari antifascisti

7 (14,28%) volontari (Menotti Gasparri, Ugo Lorenzini, Oreste Marrucci, Ovidio Pessi, Rodomonte Nesi, Giulio Perini e Leonetto Santigli) caddero nel corso della guerra civile: 5 erano comunisti, 1 socialista, 1 anarchico.
14 (28,61%) volontari (Angiolo Mario Bruschi, Oberdan Chiesa, Aldo Demi, Aladino Frangini, Ugo Lorenzini, Luigi Luperini, Cafiero Luigi Meucci, Guglielmo Nannucci, Giulio Perini, Dino Rabuzzi, Impero Rossi, Arturo Silvano Scotto, Attilio Senesi e Giovanni Soldaini) vennero feriti una o più volte: 6 erano comunisti, 5 anarchici, 2 socialisti e 1 antifascista indipendente.
La percentuale dei livornesi caduti in Spagna sul totale dei volontari, per quanto alta, risulta leggermente inferiore rispetto a quella degli antifascisti italiani, nel loro complesso, che persero la vita nel conflitto (17,38%).
La percentuale dei feriti è più elevata di quella degli antifascisti italiani nel loro insieme (24,05%).

Quando e perchè lasciarono la Spagna

10 volontari (Giulio Bacconi, Alfredo Bonsignori, Arrigo Catani, Egidio Fossi, Enzo Luigi Fantozzi, Cafiero Luigi Meucci, Armida Prati, Amos Salvadori, Attilio Senesi ed Egisto Semi) lasciarono la Spagna fra la fine del 1936 e l’agosto del 1937: 9 erano anarchici e 1 socialista.
Alcuni tornarono in Francia agli inizi del 1937, giudicando conclusa o esaurita l’esperienza della rivoluzione sociale in Spagna, quotidianamente erosa dalla restaurazione del potere statale, dal riaffacciarsi del potere della borghesia (rappresentata e difesa dai comunisti staliniani e dai moderati), dal ripristino della proprietà privata, dello sfruttamento e dei privilegi di classe, dall’infittirsi delle violenze contro i rivoluzionari. Altri abbandonarono la Spagna dopo il “mayo sangriento” di Barcellona, tentativo sostanzialmente riuscito di liquidare con una “seconda guerra civile” ciò che restava delle conquiste del luglio 1936 e seguito, il 16 giugno 1937, dalla soppressione del POUM, dall’arresto dei suoi dirigenti e militanti più in vista e dalla caccia ai rivoluzionari “stranieri”, presenti nelle unità del POUM e in quelle anarchiche.
23 volontari (Pietro Aureli, Ilio Barontini, Armando Bientinesi, Angiolo Maria Bruschi, Pasquale Cacciari, Ugo Cardenti, Mario Ceccarini, Mazzino e Oberdan Chiesa, Lanciotto Corsi, Aldo Demi, Aladino Frangini, Settimo Guerrieri, Alessandro Innocenti, Anna Launaro, Luigi Luperini, Mario Marconi, Guglielmo Nannucci, Ettore Quaglierini, Giovanni Soldaini, Liberale Tonelli, Tommaso Torcelli, Francesco Ulivelli) abbandonarono la penisola iberica fra l’estate del 1937 e il marzo del 1939: 13 erano comunisti, 7 anarchici, 2 socialisti e 1 antifascista. La maggior parte di costoro combattè fino al ritiro dal fronte delle Brigate internazionali, deciso nel settembre del 1938 dal governo repubblicano spagnolo.
L’anarchico Egisto Cantini venne ucciso dagli stalinisti a Marsiglia per aver difeso pubblicamente la rivoluzione spagnola dalle loro menzogne.
Il comunista Arturo Silvano Scotto fu catturato dai franchisti e internato nel campo di San Pedro de Cardena, prima di esser consegnato ai fascisti italiani.